CRIOABLAZIONE

 LA CRIOABLAZIONE: UNA TECNICA PER CURARE LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

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La crioablazione è una tecnica per curare la fibrillazione atriale (FA), la malattia del ritmo del cuore che colpisce oltre 250.000 Italiani, si tratta di una particolare metodica di ablazione “a freddo” tramite l’utilizzo di crioterapia.

A parità di efficacia rispetto alla tradizionale termoablazione, l’ablazione “a freddo” dimezza i tempi dell’intervento, provoca minori effetti collaterali e, essendo molto meno dolorosa, non necessita di una sedazione profonda del paziente. Tale tecnica estende quindi il numero di pazienti a cui è possibile proporre l’intervento e migliora la qualità di vita dopo l’operazione.

La tecnica di crioablazione  si pone l’obbiettivo di isolare le 4 vene polmonari che possono essere la causa d’innesco e del mantenimento della FA. La procedura consiste nell’introdurre nell’atrio sinistro del cuore, in corrispondenza delle vene polmonari un palloncino di 23-28 mm di diametro nel quale viene iniettato un liquido refrigerante. In pochi minuti tutta la circonferenza della vena che è a contatto con il palloncino subisce quindi una cicatrizzazione dovuta alla bassissima temperatura (tra i -35 e i -50 gradi).

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Se effettuata precocemente, agli esordi della malattia, la crioablazione si prospetta anche come una tecnica in grado prevenire i danni che ripetuti e frequenti episodi di fibrillazione a lungo andare provocano ai tessuti del cuore, rendendo più difficile il recupero del paziente.

L’intervento tradizionale di ablazione transcatetere utilizza impulsi di corrente a radiofrequenza con i quali le parti del tessuto responsabili della malattia vengono cicatrizzate, creando una barriera alla propagazione elettrica anomala. Si tratta però di un intervento complesso, che richiede circa 3/4 ore per la sua esecuzione e prevede che al paziente venga praticata una sedazione profonda. Per questo normalmente non viene effettuato su pazienti oltre i 70-73 anni d’età.

La fibrillazione atriale ha origini genetiche ed è causata dalla presenza di cellule “impazzite” nell’atrio. Colpisce trasversalmente tutte le fasce sociali e la sua incidenza aumenta con l’età a partire dai 60 anni. Oltre ad essere una delle cause principali dello scompenso cardiaco, ciò che rende la fibrillazione atriale una vera minaccia e una fonte di ansia costante per il malato è la maggiore probabilità (fino a 7 volte in più rispetto alla media) di formazione nel sangue di coaguli che, entrando in circolo, rischiano di occludere un’arteria e di provocare un ictus.

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La cura attualmente più diffusa per la fibrillazione atriale è quella farmacologica, a base di anticoagulanti associati a sostanze che aiutano a ripristinare il ritmo cardiaco (antiaritmici). Tuttavia in molti casi non si dimostra efficace – senza contare gli effetti collaterali cronici degli anticoagulanti, quali la facilità di emorragia. Per questo la fibrillazione atriale è una malattia che comporta anche costi sociali elevati: il paziente infatti deve essere sottoposto a ricoveri molto frequenti e mantenersi sotto un controllo medico costante.