Sepsi comunitaria: perché il monitoraggio emodinamico non invasivo potrebbe cambiare la gestione clinica

La sepsi resta una delle principali cause di mortalità negli ospedali, e riconoscere precocemente lo stato circolatorio dei pazienti è essenziale per evitare peggioramenti e insufficienze d’organo. Un recente studio italiano pubblicato su Healthcare (MDPI, 2025) mette in luce un aspetto spesso sottovalutato: i pazienti con sepsi comunitaria presentano profili emodinamici molto diversi tra loro, non sempre rilevabili con gli strumenti clinici abituali come il punteggio SOFA o la pressione arteriosa media (MAP).

Sepsi: un’unica diagnosi, ma tanti profili diversi

Sebbene la sepsi venga definita in base all’aumento del SOFA, questo studio ha dimostrato che pazienti con lo stesso punteggio possono avere perfusione, portata cardiaca e resistenze vascolari profondamente differenti.
La misurazione tramite impedenziocardiografia NICaS® ha evidenziato:

  • valori molto variabili di stroke volume,
  • differenze significative di cardiac output/index,
  • resistenze periferiche spesso ridotte in modo “occulto”,
  • profili emodinamici non riconoscibili dai soli parametri macro.

Shock distributivo: spesso presente, raramente evidente

Uno dei dati più rilevanti è la presenza, nel 21,7% dei pazienti, di un profilo emodinamico compatibile con shock distributivo (alto CO, basse resistenze).
Sorprendentemente, solo il 20% di questi pazienti aveva una MAP < 65 mmHg, il che significa che:

  • Lo shock distributivo può essere presente anche in assenza di ipotensione.

Per questo motivo, affidarsi solo alla pressione arteriosa rischia di ritardare l’avvio del supporto vasopressorio o di portare a un eccesso di fluidi.


Risposta ai fluidi: un paziente su tre non risponde

Dopo un test di idratazione standardizzato, il 27,8% dei pazienti è risultato fluid non-responder.
Questi soggetti avevano tipicamente:

  • resistenze più basse,
  • cardiac index più alto,
  • un quadro vicino allo shock vasoplegico.

Anche in questo caso, la sola clinica non è spesso sufficiente a prevedere la risposta ai fluidi.


SOFA e MAP: utili, ma non sufficienti

Lo studio ha mostrato una correlazione quasi nulla tra SOFA/MAP e i parametri emodinamici fondamentali (CO, CI, SV).
Significa che:

  • Due pazienti con lo stesso SOFA possono avere bisogni terapeutici completamente diversi.
  • La pressione arteriosa non riflette sempre il tono vascolare o la perfusione reale.

Perché il monitoraggio emodinamico non invasivo è strategico

L’impedenziocardiografia permette di:

  • identificare precocemente shock distributivi anche “mascherati”,
  • distinguere chi beneficerà dei fluidi da chi invece necessita vasopressori,
  • ridurre il rischio di sovraccarico di fluidi,
  • personalizzare la terapia fin dai primi minuti di gestione.

In un contesto come l’IMCU, dove arrivano molti pazienti settici prima di un eventuale passaggio in terapia intensiva, questo approccio può offrire un vantaggio clinico significativo.


Conclusioni

Lo studio evidenzia che la sepsi comunitaria presenta una grande eterogeneità emodinamica non riconoscibile con gli indici tradizionali.
L’utilizzo precoce di un monitoraggio non invasivo come NICaS® può contribuire a:

  • migliorare l’accuratezza diagnostica,
  • personalizzare la gestione dei fluidi,
  • identificare lo shock distributivo anche senza ipotensione,
  • impostare decisioni terapeutiche più sicure e mirate.

Un futuro orientato alla personalizzazione dell’emodinamica potrebbe migliorare gli esiti clinici nella sepsi e ridurre gli errori terapeutici legati a una visione troppo uniforme della malattia.